I disturbi del comportamento alimentare e la visione sistemica
I disturbi del comportamento alimentare e la visione sistemica

I disturbi del comportamento alimentare sono una sindrome complessa, caratterizzata da componenti socioculturali, familiari e individuali (Abbate Daga G. et al.). L’insorgenza della sintomatologia, secondo la visione sistemica, va letta, osservata e compresa attraverso un’analisi che non può che partire dall’interno delle mura familiari. L’analisi del sistema familiare comprende livelli emotivi, relazionali e l’attenzione ai modelli di interazione che caratterizzano la famiglia stessa. Lo sguardo del clinico inserisce la lettura del sintomo in una cornice ampia, che accoglie la storia delle relazioni familiari fino ad abbracciare il livello trigenerazionale delle relazioni (miti, mandati e storie familiari).

In quest’ottica il clinico non lascia mai la famiglia “fuori la porta” bensì la invita ad entrare e ad accogliere la sfida al cambiamento che la presenza del sintomo attiva.

Spesso i genitori sono le prime persone a cercare l’aiuto dei professionisti, spaventati dalla situazione in cui riversano i figli affetti dal disturbo del comportamento alimentare.

Questo disagio, ancor prima di tradursi nei comportamenti tipici dei disturbo, è collegato a specifici pattern relazionali ed emotivi osservabili nel sistema familiare. Per poter aiutare questa tipologia di famiglie il clinico deve leggere l’implicita richiesta di aiuto che si nasconde dietro al sintomo stesso: la rigidità, il bisogno di controllo presenti dietro il disturbo alimentare, celano un “disperato bisogno” di crescere dove il corpo diventa scenario di spinte ambivalenti.

Le persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione sentono in generale di avere scarso controllo sulla propria vita, ma allo stesso tempo vogliono averne sul proprio corpo e sulle proprie abitudini alimentari; il giudizio di sé è correlato al proprio aspetto e forma fisica e alla loro capacità di controllarle ed è per questo che mal tollerano la violazione delle numerose norme autoimposte e, quando ciò accade, si colpevolizzano e si sviliscono (Ronald J., 2017).

L’orientamento verso la vita dei soggetti anoressici, essendo cresciuti in famiglie dai modelli fortemente invischianti, è teso a subordinare il proprio sé agli altri. La ricerca della perdita di peso è attivamente ricercata perché fornisce un illusorio sistema di realizzazione personale e di autovalutazione.

L’eccessivo coinvolgimento nel sistema familiare impedisce lo sviluppo delle abilità necessarie a relazionarsi con i pari e nel mondo extra-familiare, al punto da sfociare in una vera e propria crisi durante il periodo adolescenziale (Minuchin S. et al. 1978)

Lo sforzo di raggiungere la perfezione nelle condotte e nell’apparenza fisica è un vano ed illusorio tentativo di individuazione: in realtà, nessuna di queste azioni produce gli effetti sperati, al contrario non fanno altro che acutizzare un sentimento di inadeguatezza.

GLI OBIETTIVI DELLA TERAPIA FAMILIARE

Il sistema familiare ha una funzione centrale nel processo terapeutico: il lavoro sulle relazioni familiari è premessa fondamentale per attivare il processo di superamento dei disagi presentati del soggetto portatore del sintomo.

In tal senso, la famiglia rappresenta la principale risorsa capace di attivare processi di crescita, consapevolezza ed individuazione.

Il clinico ha il complesso compito di “mettere ordine” nelle relazioni familiare, di creare confini sani restituendo ruoli chiari nelle relazioni, migliorando la qualità della comunicazione: lo scenario della terapia permette di ricollocare i genitori e figli al loro posto restituendo ruoli e competenze sia della funzione genitoriale che di quella filiare.

Il lavoro di psicoterapia familiare nella cura del D.C.A. è spesso affiancato a quello di altri professionisti: Psichiatra, Nutrizionista e spesso si prevede anche un supporto di psicoterapia individuale che viene svolto in continuità con gli obiettivi della terapia familiare.

LA FAMIGLIA CON D.C.A. E LE SUE CARATTERISTICHE

In generale non è possibile definire una tipologia univoca di famiglie con disturbi alimentari ma è possibile riconoscere delle caratteristiche comuni e ricorrenti:

  • La madre e il padre ricoprono infatti un ruolo di fondamentale importanza, seppur diverso, in quadri di questo tipo. Il padre, talvolta, a causa di uno squilibrio nella coppia coniugale, tende ad assumere un ruolo periferico (Manara F., 1991) e di conseguenza, spesso non è a conoscenza di alcune condotte dei figli (“io non so mai niente” oppure “io non vengo mai messo al corrente”). La madre, invece, sente talvolta i figli come una “prosecuzione del sé” e per questo motivo difficilmente separabili (Di Luzio G., 2010). Essi per questo motivo si faranno carico di una serie di situazioni che invece dovrebbero essere destinate agli adulti, sentendo di dover rispondere alle loro aspettative, spesso irrealistiche, per non perderne l’amore: la “non fame” delle pazienti anoressiche, in realtà, nasconderebbe una fame d’amore e la condizione anoressica diventa una sorta di “protesta”, un modo per auto-affermarsi e provare a smuovere il sistema familiare di fronte a questi disagi (Marinelli S., 2004)
  • Presenza di confini familiari altamente invischiati e labili (Minuchin et al, 1978) in cui i ruoli sono confusi o non chiari. Questa scarsa delimitazione all’interno di un “corpo familiare” può creare difficoltà nei processi di individuazione e differenziazione.
  • Evitamento del conflitto (Gabbard, 1995), caratterizzato dal fatto che non viene risolto in modo che gli individui possano crescere e differenziarsi all’interno della famiglia. Le relazioni non vengono dunque mai definite e continuano ad essere confuse (“Io volevo discutere con Lei. Lei sa cosa ha fatto dottoressa? Ha chiuso la porta. Mi ha lasciata fuori!”).

Bibliografia

  • Abbate Daga G., Quaranta M., Notaro G.,Urani C., Amianto F. ()Terapia familiare e disturbi del comportamento alimentare nelle giovani pazienti: stato dell’arte , Giornale italiano di psicopatologia
  • Di Luzio, G. (2010). Individuazione del Sé e disturbi alimentari in adolescenza. International Journal of Psychoanalysis and Education2(1), 26-51.
  • Gabbard G.O. (1995). Psichiatra psicodinamica. Milano: Raffaello Cortina Editore
  • Manara F. (1991). L’anoressia nervosa tra psichiatria, psicologia e medicina. Milano: Franco Angeli
  • Minuchin S., Lester B., Berenice L. Famiglie psicosomatiche. L’ anoressia mentale nel contesto. Roma: Astrolabio (1978)
  • Ronald J., Psicologia clinica. (2017)

I tirocinanti in Psicologia del Centro Studi Kairos, coordinati dal Dott. Valerio Pannone Psicologo

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